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Una malattia o un incidente grave possono cambiare il corso della nostra vita. Tutti noi siamo a rischio con il nostro CCNL. E' di fondamentale importanza che in questo rinnovo cambino radicalmente le regole attualmente in vigore, altrimenti una malattia o un incidente possono essere anche la causa della perdita del posto di lavoro, il chè è vergognoso e assurdo per una società civile.
Non solo le patologie oncologiche sono in aumento, ma il 30% dei malati di cancro in Italia è in età lavorativa. E, secondo alcune indagini, circa l'80% dei pazienti ha subito cambiamenti che vanno dalla perdita del lavoro alla riduzione del reddito. I dati arrivano dall'Aimac (Associazione Italiana Malati di Cancro) in occasione del convegno che si è tenuto per i 20 anni dell'Associazione, e «dipingono un quadro che, anche per la nostra categoria, va tenuto in considerazione e deve rappresentare un punto di partenza per avviare una riflessione sulle tutele, in generale, in caso di patologie serie o di stati prolungati di malattia» commenta Francesco Imperadrice, presidente del Sindacato nazionale farmacisti non titolari. Una riflessione che «ci auguriamo possa essere affrontata nelle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro» in corso tra Federfarma e sigle confederali. «Il tema non riguarda solo le patologie oncologiche ma in generale tutte quelle malattie serie o situazioni di salute, che richiedono periodi di terapie o di ospedalizzazione o di riabilitazione lunghi con conseguente assenza dal lavoro. La situazione che rileviamo allo stato attuale è di variabilità a seconda delle categorie di lavoratori: ogni contratto di lavoro nazionale affronta la tematica in maniera diversa e può presentare un diverso grado di approfondimento e di arricchimento della tutela. Ma per quanto riguarda i collaboratori di farmacia privata la situazione è particolarmente difficile e riteniamo le tutele a oggi prospettate insufficienti. Indipendentemente dall'anzianità di contratto, viene garantito lo stipendio per 180 giorni e poi è previsto un periodo di 120 giorni di aspettativa non retribuita. E, a differenza di altri contratti, non è prevista la possibilità di conservare ulteriormente il posto di lavoro o di allungare il periodo di comporto o dell'aspettativa non retribuita e nemmeno è previsto in caso di ricovero o di chemioterapia che questi giorni non vadano considerati e inclusi ai fini del computo del periodo di comporto». Una situazione che «non solo è diversa per molte altre categorie contrattuali, ma anche nel settore stesso, per i dipendenti con contratto Assofarm, che certo nasce in condizioni diverse ma che prevede un nucleo maggiore attorno alla problematica. In questo caso, per esempio, è previsto per i dipendenti fino a tre anni di anzianità un periodo di assenza di 16 mesi e, sopra i tre anni, di 24 mesi. Scaduti questi, è previsto che le parti possano ulteriormente concordare una conservazione del posto di lavoro a stipendio zero e in caso di rientro tale periodo sarà considerato utile ai fini dell'anzianità di servizio. Anche a livello di contribuzione poi la copertura è più lunga visto che i collaboratori con contratto Assofarm percepirebbero per i primi 8 mesi il 100% della retribuzione e per ulteriori 4 mesi il 50%, a differenza dei dipendenti delle farmacie private che percepirebbero lo stipendio intero per soli sei mesi». Come farmacisti, continua, «sappiamo bene quale può essere l'iter terapeutico di molte patologie. Avere anche la tagliola di un eventuale licenziamento dopo 300 giorni di assenza dal lavoro rende ancora più dura la situazione». Da qui un appello «per valutare e portare avanti una posizione solidaristica: aumentare le tutele per queste situazioni e allungare la prospettiva della conservazione del lavoro». Con un ulteriore riflessione: «Oggi ci troviamo sempre più ad avere a che fare con patologie anche rare, di cui non si conosce il decorso né gli esiti. Credo che anche su questi aspetti occorra avviare la riflessione perché le tutele siano garantite sempre e perché ci sia una sensibilizzazione nella gestione di tali situazioni, in modo che non siano oggetto di discriminazioni o di decisioni drammatiche solo in virtù di una malattia che non si conosce, solo in virtù del timore di ripercussioni sulla vita lavorativa».